Recentemente siamo stati invitati come speaker a un corso di formazione sulla gestione delle scorte. I partecipanti erano un gruppo di imprenditori di aziende di distribuzione di prodotti alimentari che aderiscono a un importante consorzio nazionale.
Vuoi per l’argomento, vuoi per la presenza come “allievi” di titolari d’azienda (che costituiscono comunque una “classe” particolare), l’iniziativa è stata molto stimolante.
Il pizzico di sale in più è stato poi aggiunto all’inizio dall’organizzatore del corso che, al momento dell’affidamento dell’incarico, si è così espresso:
“Cari Docenti mi raccomando, in aula avrete degli imprenditori, persone abituate a lavorare ma non a studiare; se la lezione sarà troppo tecnica e/o troppo “pesante” si annoieranno ed il corso non avrà successo anche se ritengo la materia molto importante”.
Siamo alle solite, pensammo, chi non conosce una materia aziendale tecnica ma la vuole imparare senza fatica, spesso la banalizza e pretende di trasformarla in qualcosa di semplice ed intuitivo (all’acqua di rose).
Questo non è però nè semplice nè sempre possibile. Il mio interlocutore però aveva ragione su una cosa: se il messaggio non viene capito…viene rifiutato.
La questione di fondo in sintesi è la seguente: è possibile insegnare alle aziende a svolgerla meglio? In pratica, tali aziende, adottando certi comportamenti, possono avere scorte “più giuste” e quindi che consentano di abbassare i costi e ridurre le rotture di stock che generano disservizio ai clienti?
La mia risposta è positiva, almeno per la grande maggioranza dei casi che possiamo considerare.
Infatti per avere scorte giuste è necessario fare meglio le due cose che le aziende già fanno:
- le previsioni della domanda futura;
- il calcolo delle scorte di sicurezza e quindi dei quantitativi di merce che ogni giorno è necessario ordinare ai fornitori.
Però, per quanto riguarda le previsioni, nessuno in azienda le fa volentieri, è comunque difficile farle bene, qualcuno le deve fare comunque, chi acquista le fa sicuramente e spesso con risultati più modesti di quanto potrebbe.
Per quanto riguarda le scorte, si banalizza spesso il problema nascondendosi dietro frasi del tipo “se le previsioni fossero buone tutto sarebbe risolto”, oppure “abbiamo sempre fatto così e non sembra esserci altro ragionevole modo”, si scaricano responsabilità sui fornitori, si accetta un modesto contributo dal sistema informativo aziendale.
Creadiamo che le cose potrebbero veramente andare in modo diverso: in moltissime aziende si possono fare buone previsioni e calcolare giusti livelli di scorta miscelando opportunamente intuito e statistica, buon senso e calcolo delle probabilità.
In sostanza utilizzando con raziocinio i sistemi ed i modelli studiati dalle discipline scientifiche alle quali abbiamo appena accennato.
E qui veniamo al punto e all’Inventory management “alla buona”…che non esiste.
Alcuni di tali modelli e di tali sistemi funzionano molto bene, ma sono complessi e “noiosi” da comprendere e quindi da adottare.
Quando in aula sono presenti studenti universitari o giovani manager freschi di studi, non c’è nessun problema di comprensione.
Quando in aula sono invece presenti imprenditori o top manager, se il docente propone qualche formula per spiegare e dimostrare come e perché si possono ottenere benefici……i partecipanti arricciano il naso, si distraggono, cominciano a sussurrare frasi del tipo “tutte balle teoriche”.
Purtroppo a tutto ciò non esiste soluzione che non sia quella di un buon compromesso.
La gestione delle scorte andrebbe insegnata (con tutte le sue formule) ai giovani e agli analisti o programmatori di software; agli imprenditori andrebbe fatto invece un corso “all’acqua di rose” con il semplice obiettivo di far comprendere l’entità dei miglioramenti potenzialmente raggiungibili con l’adozione di metodi più scientifici inevitabilmente implementati sul sistema informativo aziendale.
Però, con mio stupore e al termine della giornata un manager si è avvicinato al mio tavolo e mi ha detto sorridendo: “Forse è meglio che mi MUOVO e mi doto di un IMS”.